LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

All’Angelus del 1 gennaio, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, il Papa ha invitato ad accogliere il Bambino e la benedizione di Dio che offre alla Chiesa e al mondo. “All’inizio del nuovo anno lasciamoci benedire” dalla Madre di Dio che offre al mondo suo Figlio. “Lui è la salvezza: se gli apriremo il nostro cuore compiremo con gesti concreti e quotidiani, il nostro cammino di pace e speranza che ci accompagnerà per tutto l’anno.” Per questo ha invitato a rinnovare i sentimenti di gratitudine e lode, perché “non è scontato che il nostro pianeta abbia iniziato un nuovo giro intorno al sole e che noi esseri umani continuiamo ad abitarvi. Non è scontato, anzi, è sempre un “miracolo” di cui stupirsi e ringraziare.” Riferendosi al racconto evangelico ha riaffermato come sia Lui, il Bambino Gesù, “la Benedizione di Dio” per la “grande famiglia umana”, Lui che “ha sconfitto il male alla radice” che porta la salvezza, che non è qualcosa di magico, “ma è una salvezza ‘paziente’, cioè comporta la pazienza dell’amore, che si fa carico dell’iniquità e le toglie il potere. La pazienza dell’amore: l’amore ci fa pazienti. Tante volte perdiamo la pazienza. Anche io, e chiedo scusa per il cattivo esempio di ieri. Per questo contemplando il Presepe noi vediamo, con gli occhi della fede, il mondo rinnovato, liberato dal dominio del male e posto sotto la signoria regale di Cristo, il Bambino che giace nella mangiatoia.” Un grande esempio di umiltà il suo, riferendosi all’episodio di martedì sera quando una donna lo ha strattonato provocandogli un forte dolore al braccio al quale il Papa ha reagito con un gesto di impazienza per liberarsi dalla stretta.
Il Bambino che Maria mostra, offrendo la sua benedizione alla Chiesa e al mondo, è gioia per tutto il popolo, è gloria di Dio, è pace per gli uomini. “E questo è il motivo per cui il Santo Papa Paolo VI ha voluto dedicare il primo giorno dell’anno alla pace: è la Giornata della pace; alla preghiera, alla presa di coscienza e di responsabilità verso la pace. Per quest’anno 2020 il Messaggio è così: la pace è un cammino di speranza, un cammino nel quale si avanza attraverso il dialogo, la riconciliazione e la conversione ecologica. Dunque, fissiamo lo sguardo sulla Madre e sul Figlio che lei ci mostra. All’inizio dell’anno, lasciamoci benedire! Lasciamoci benedire dalla madonna con il suo Figlio.” Quanti sono oppressi dalle schiavitù morali e materiali saranno liberati e toccati dall’amore di Gesù. Chi ha perso stima di sé, chi è sfruttato, chi è malato, chi è carcerato: a ciascuno Gesù “riapre un orizzonte di speranza, a partire da un piccolo spiraglio: (…) A chi è vittima di ingiustizie e sfruttamento e non vede la via d’uscita, Gesù apre la porta della fraternità, dove trovare volti, cuori e mani accoglienti, dove condividere l’amarezza e la disperazione, e recuperare un po’ di dignità. A chi è gravemente malato e si sente abbandonato e scoraggiato, Gesù si fa vicino, tocca le piaghe con tenerezza, versa l’olio della consolazione e trasforma la debolezza in forza di bene per sciogliere i nodi più aggrovigliati.“ Di qui l’invito ad aprire i nostri cuori scendendo dai “piedistalli” della nostra “tentazione”, che è l’orgoglio e invocando da Maria, umile Madre di Dio, la benedizione.
Domenica 5 gennaio, all’Angelus, il Papa ha esortato a scongiurare “l’ombra dell’inimicizia”, riferendosi alle tensioni che stanno attraversando varie regioni del mondo. Egli ha ricordato che “in tante parti del mondo si sente la terribile aria di tensione. La guerra porta solo morte e distruzione. Chiamo tutte le parti a mantenere accesa la fiamma del dialogo e dell’autocontrollo e di scongiurare l’ombra dell’inimicizia. Preghiamo in silenzio perché il Signore ci dia questa grazia”. Ha innanzitutto ricordato la novità “sconvolgente” del Natale, il Verbo eterno che si è fatto carne e che continua a venire in mezzo a noi. Continuando a contemplare il “segno mirabile del Presepe”, Francesco ha invitato ad “allargare lo sguardo” ed a prendere “piena consapevolezza del significato della nascita di Gesù”. Infatti “la Liturgia odierna ci dice che il Vangelo di Cristo non è una favola, non è un mito, un racconto edificante, no. Il Vangelo di Cristo è la piena rivelazione del disegno di Dio, del disegno di Dio sull’uomo e sul mondo. È un messaggio nello stesso tempo semplice e grandioso, che ci spinge a domandarci: quale progetto concreto ha posto in me il Signore, attualizzando ancora la sua nascita in mezzo a noi? È l’apostolo Paolo a suggerirci la risposta: «Dio ci ha scelti per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità».” Ora “se il Signore continua a venire in mezzo a noi, se continua a farci dono della sua Parola”, è perché ciascuno di noi possa rispondere alla chiamata di “diventare santi nell’amore”, cioè a “custodire il dono che Dio ci ha dato. Soltanto questo: custodire la gratuità. Questo è essere santo. Perciò, chi accoglie in sé la santità come dono di grazia, non può non tradurla in azione concreta nel quotidiano. Questo dono, questa grazia che Dio mi ha dato, io lo traduco in azioni concrete nel quotidiano, nell’incontro con gli altri. Questa carità, questa misericordia verso il prossimo, riflesso dell’amore di Dio, al tempo stesso purifica il nostro cuore e ci dispone al perdono, rendendoci giorno dopo giorno ‘immacolati’, ma immacolati non nel senso che io tolgo una macchia: immacolati nel senso che Dio entra in noi. Il dono, la gratuità di Dio entra in noi e noi la custodiamo e la diamo agli altri.”
All’Angelus, all’Epifania, il Papa ha evidenziato come l’incontro con Gesù induca a intraprendere vie nuove e diverse di libertà. I Magi, sapienti che arrivano da lontano, nonostante “la fatica e le peripezie” affrontate, “si rimettono in cammino” e, prostrandosi “davanti al Bambino, lo adorano, gli offrono i loro doni preziosi. Dopo di che si rimettono in cammino senza indugio per tornare nella loro terra.” Francesco ha ricordato quale sia “lo stile di Dio”, cioè il “suo modo di manifestarsi nella storia”, che “non ci blocca, ma ci libera; non ci imprigiona, ma ci rimette in cammino, ci riconsegna ai luoghi consueti della nostra esistenza. I luoghi sono e saranno gli stessi, ma noi, dopo l’incontro con Gesù, non siamo quelli di prima.” I tre saggi tornano in Oriente, consci che “ogni esperienza di incontro con Gesù ci induce ad intraprendere vie diverse, perché da Lui proviene una forza buona che risana il cuore e ci distacca dal male.” Il Pontefice ha spiegato che ritornare ‘al proprio paese’, ma ‘per un’altra via’, indica che “siamo noi a dover cambiare, a trasformare il nostro modo di vivere pur nell’ambiente di sempre” e a “modificare i criteri di giudizio sulla realtà che ci circonda”. La differenza tra Dio e gli “idoli traditori” (denaro, potere, successo), “tra Dio e quanti promettono di darti questi idoli, come i maghi, i cartomanti, i fattucchieri (…) è che gli idoli ci legano a sé, ci rendono idoli-dipendenti, e noi ci impossessiamo di loro. Il vero Dio non ci trattiene né si lascia trattenere da noi.”

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