LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Domenica 28 luglio, all’Angelus, commentando il vangelo domenicale, il Papa ha esortato a pregare senza sosta, per entrare in comunicazione col Padre e avere una relazione personale con Lui. Siamo chiamati a “pregare incessantemente, senza stancarci”, come fanno i bambini quando, con i loro perché, voglio “attirare” lo sguardo dei padri. Gesù, però, non dà una definizione “astratta” della preghiera, né insegna una “tecnica efficace” per pregare ed “ottenere” qualcosa.
“Invita i suoi a fare esperienza di preghiera, mettendoli direttamente in comunicazione col Padre, suscitando in essi una nostalgia per una relazione personale con Dio, con il Padre. Sta qui la novità della preghiera cristiana! Essa è dialogo tra persone che si amano, un dialogo basato sulla fiducia, sostenuto dall’ascolto e aperto all’impegno solidale. E’ un dialogo del Figlio col Padre, un dialogo tra figli e Padre. Questa è la preghiera cristiana.”
La preghiera è una “dimensione essenziale” nella vita del Signore ed “ogni sua azione importante è caratterizzata da prolungate soste di preghiera”, come “legame intimo con il Padre”. Ai discepoli che chiedono di entrare in questa comunione Gesù consegna la preghiera del “Padre nostro”, che è “forse il dono più prezioso lasciatoci dal divino Maestro nella sua missione terrena”, facendoci “penetrare nella paternità di Dio”, indicando cioè “il modo per entrare in dialogo orante e diretto con Lui, attraverso la via della confidenza filiale. E’ un dialogo tra il papà e il suo figlio, il figlio con il papà.”
Ciò che chiediamo nel “Padre nostro” è già “tutto realizzato a noi nel Figlio Unigenito: cioè, la santificazione del Nome, l’avvento del Regno, il dono del pane, del perdono e della liberazione dal male”. Questa “è la sintesi di ogni preghiera, e noi la rivolgiamo al Padre sempre in comunione con i fratelli.” Il Pontefice si è soffermato poi sulla parabola dell’uomo importuno che, trovandosi nel bisogno, bussa alla porta del suo amico a mezzanotte. Eppure ottiene ciò che chiede: a significare che bisogna “insistere nella preghiera”, come i bambini.

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