LA BELLEZZA NELLA PAROLA a cura di gpc

“In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro.” (Mc. 9,2)
L’episodio evangelico ha trovato nel corso della storia dell’arte vari interpreti. Tra tutti mi fermo a considerare l’opera del pittore veneziano Giovanni Bellini realizzato tra il 1478 ed il 1479 ed ora conservato al Museo nazionale di Capodimonte a Napoli firmata (Ioannes Bellinus me pinxit) sul cartellino appeso alla staccionata. Bellini aveva già dipinto l’evento della trasfigurazione in un’altra opera una ventina di anni prima ed ora custodita al Museo Correr di Venezia.
La tela illustra l’episodio che il Vangelo della II domenica di Quaresima ci riporta nella versione di Marco, quando Gesù, portati con sé tre apostoli come testimoni (Pietro, Giacomo e Giovanni), rivela la sua natura divina, in modo sfolgorante.
Nel quadro i tre discepoli sono colti come folgorati dalla visione, in cui, insieme a Cristo sono presenti Elia e Mosè simbolo dell’avverarsi delle profezie del Primo testamento, secondo un’iconografia derivata dai Vangeli sinottici. Mosè ed Elia hanno in mano dei cartigli scritti in ebraico. La composizione si basa su un’armonica simmetria, con figure possenti, ben evidenziate dai panneggi dai colori cangianti, quasi serici.
Il paesaggio in fondo non è palestinese, ma ravennate; si possono infatti riconoscere due edifici il Mausoleo di Teodorico ed il campanile di S. Apollinare in classe, mentre a destra, sullo sfondo, dietro al grande albero in primo piano, sono presenti due figure umane di cui una raffigura un musulmano con il turbante bianco sul capo; esse stanno conversando e sembrano ignare dell’evento divino che si sta compiendo.
La scena è infatti ambientata in un ampio paesaggio veneto, con colline e montagne che si perdono lontane all’orizzonte e numerose tracce di serena presenza umana, come la città sulla destra, il castello e il pastore con le mucche al pascolo a sinistra. La fusione tra figure e paesaggio, grazie alla costruzione tramite colore e luce che nasconde la linea di contorno, raggiunge qui un’altissima intensità poetica. La luce calda e intensa infatti sembra far partecipare ogni dettaglio, con la sua radiosa bellezza, all’evento miracoloso. L’episodio sacro è raffigurato in una dimensione sospesa, che coinvolge direttamente lo spettatore.
Scrive p. David Maria Turoldo: “I cristiani/ sono invitati a salire la montagna,/a trasfigurarsi col Cristo,/a immergersi dentro la nube luminosa. (….)Lasciarsi prendere:/ecco l’attuazione della Quaresima interiore./Per questo dobbiamo distaccarci dalle bassure,/ abbandonare la pianura/ intraprendere il viaggio dell’ascesa. (…) Salire, ma con Lui.”

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